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Pubblicato il: 21.03.2017

Quattro chiacchiere con gli ex… Marco Portannese

Questa settimana abbiamo il piacere di fare “quattro chiacchiere” con l’uomo del momento di tutta la LegaDue: Marco Portannese. Un figlio della nostra terra, cresciuto a “pane e pallacanestro” all’ombra della Valle dei Templi, quando la palla a spicchi ad Agrigento non aveva ancora messo le sue ferme radici, essendo sport conosciuto e seguito allora soltanto da pochi. Marco ha militato nel settore giovanile della nostra Effe, fin quando giovanissimo decide di inseguire il sogno di diventare giocatore professionista trasferendosi a Livorno, vero trampolino di lancio per entrare nel basket che conta. Di lì, esperienze di crescita importantissime e straordinarie fianco a fianco con grandissimi giocatori che hanno fatto la storia della pallacanestro italiana ed europea, nella pluriscudettata Siena, ed in seguito a Montegranaro, Virtus Siena, Torino, Capo d’Orlando, Bologna (sponda Virtus), Latina, Scafati. In questa stagione, Marco, sta facendo benissimo difendendo la maglia di Verona, con cui solo 10 giorni fa si è tolto la soddisfazione di battere la corazzata Virtus Bologna, fresca vincitrice della Coppa Italia, giocando da vero protagonista e vincendo anche il premio FIP come migliore giocatore del 24esimo turno. L’appuntamento con “quattro chiacchiere con” tornerà Martedì 28 con un’altro grandissimo protagonista della storia recente della nostra Effe!

Ciao Marco, è davvero un piacere fare “quattro chiacchiere” con te! Agrigentino di nascita, hai iniziato ad innamorarti della pallacanestro sin da piccolo, ed a soli 15 hai vinto il tuo primo campionato, in C regionale, con la Fortitudo allenata da Anselmo. Sin da giovanissimo, in seguito, sei stato letteralmente adottato dalla pallacanestro italiana, giocando e crescendo in piazze storiche come quelle di Siena, Montegranaro, Bologna (sponda Virtus), Torino e Capo d’Orlando solo per citarne alcune. Quanto è stato difficile lasciare da pressoché ragazzino la tua Agrigento per tentare il salto nel basket che conta?

Ciao #malatodieffe! Il piacere è tutto mio! Appena sento Agrigento mi si aprono mille ricordi: tutto è iniziato lì di fronte casa mia. Facevo il minibasket alle elementari di via Esseneto, e li è nato questo amore e questa devozione verso questo sport. Fillari mi ha cresciuto e Anselmo mi ha lanciato. Ho avuto la fortuna di giocare in ottime società come dici tu storiche: questo è stato un vero privilegio! E’ stato veramente difficile, non lo nego: lasciare famiglia, amici, le mie radici, casa mia, San Leone, lasciare tutto quanto… Senza sapere a cosa sarei andato incontro, e dove mi avrebbe portato questa scelta. Avrei potuto benissimo abbattermi e tornare a casa, ma le motivazioni che avevo dentro di me erano molto forti ed il basket alla fine mi ha fatto compagnia nei momenti difficili: è stato presente in tutte le mie giornate lontano da casa.

Arrivato, quindi, a Siena dalla piccolissima Agrigento, dove peraltro latitava ancora la nascita di una cultura cestistica, ti trovi quindi ad allenarti tutti i giorni con giocatori del calibro di McIntyre, Domercant, Eze e Sato, solo per citarne alcuni. Quale il compagno di squadra con cui hai giocato che ti ha impressionato di più? E quale quello al quale hai provato a “rubare” più segreti del mestiere, che ti hanno aiutato nella tua crescita?

Agrigento quando sono andato via non era assolutamente a questi livelli e nessuno, a parte il solo presidente Moncada con la sua lungimiranza, avrebbe pensato di farla arrivare dov’è ora. E’ una bella domanda che un giorno appena lo vedrò gli farò (sorride, ndr).
L’esser andato via per me è stato determinante perché da giovanissimo sono finito in uno dei migliori settori giovanili d’Italia, quale Livorno.
Non c’è un giocatore in particolare che voglio citare: ognuno mi ha lasciato qualcosa. Il rendersi utile e fare le piccole cose che non vanno nelle statistiche, come Stonerook, la forza di volontà di Kaukenas, le letture nel Pick&Roll di McIntyre: ho cercato di apprendere da ognuno di loro qualcosa.

Siena sponda Virtus, invece, è stato il tuo vero trampolino di lancio nel basket professionistico. Dopo due stagioni, un’altra ottima esperienza a Torino, prima di tornare per due anni in Sicilia indossando la canotta di Capo d’Orlando, con la quale conquisterai la promozione in Serie A al secondo tentativo (in realtà con il ripescaggio). Quali coach, in queste tue importanti esperienze, sono stati maggiormente determinanti nella tua crescita?

Devo ringraziare coach Marcello Billeri (allora alla Virtus Siena, ndr) che mi ha voluto fortemente e mi ha dato tanta fiducia, in quella che fu la stagione dove mi sono messo in mostra in un campionato duro ed ambizioso come lo era la vecchia B1. Poi sicuramente Pozzecco, che ha creduto in me e mi ha fatto giocare praticamente sempre in uno squadrone creato per un campionato di vertice in A2 (a Capo d’Orlando, ndr), arrivando fino alla finale di promozione. Ma ci sono tanti allenatori che mi hanno dato molto, ora non sto ad elencarli tutti: loro lo sanno e questo mi basta.

Dopo le buone stagioni a Capo, una breve esperienza in serie A alla Virtus Bologna, per poi ritornare in Legadue con la canotta di Latina. La passata stagione, invece, un’annata a dir poco strepitosa a Scafati, dove sei stato MVP della Coppa Italia di categoria, peraltro vinta, e semifinalista uscente contro Brescia, che poi sarà promossa in serie A. Quest’anno, invece, stai facendo benissimo nella tua stagione a Verona, e sei reduce da una sontuosa prestazione nella vittoria contro la favorita assoluta alla promozione, ovvero la Virtus Bologna. Come ti trovi a Verona? Quali sono i vostri obiettivi per quest’anno?

Con Verona si è creato un feeling particolare: spesso ho fatto delle belle partite contro di loro, fino a quanto questa estate ho sentito (non so se sia vero) che il presidente Pedrollo, ha detto “basta! Portannese deve venire da noi quest’anno”. Sono contento adesso. Eravamo partiti male ed abbiamo avuto qualche problema, ma ora ci siamo ripresi e stiamo ottenendo ottimi risultati: stiamo lottando per entrare nei play off e lì può capitare di tutto! E I tifosi agrigentini ne sanno qualcosa!

Proprio con Scafati, nella passata stagione, sei tornato ad Agrigento da avversario. Che emozioni hai provato affrontando la squadra della tua città?

Mi è già capitato più volte di giocare contro la mia città: è una strana sensazione perché al palazzetto ci sono tante persone che mi hanno visto crescere e che mi conoscono come Marco il ragazzino, non il giocatore! Un po’ di emozione c’è sempre ed anche la voglia di far bene.

Quest’anno sei tornato ad Agrigento da spettatore, assistendo alla partita tra la Fortitudo e la Viola. Che idea ti sei fatto da lontano del roster agrigentino? Saresti contento di un ipotetico accoppiamento, più avanti (e un po’ sognando) ai PlayOff?

La Fortitudo mi piace molto per come gioca, soprattutto grazie al coach, ed il gruppo dei ragazzi che si conoscono da vari anni: e questo fa la differenza. Dico sempre scherzando che se giocassi con Piazzino sarei il capocannoniere del campionato :)))
Ho pensato che potremmo ritrovarci in qualche turno play-off: sarebbe bello e non facile, ma tutte le partite sono cosi. Una volta che si arriva lì…

Il nome della famiglia Portannese è strettamente legato alla storia della pallacanestro agrigentina. Tuo nonno fu presidente della Fortitudo. Tuo fratello Andrea faceva parte del roster che ha sfiorato la serie A due stagioni fa. Il nome di Marco Portannese ogni estate, quindi, viene accostato sempre a quello della società agrigentina, sicuramente per stima, affetto e grande suggestione. In un’annata in particolare, prima di firmare per Latina, radiomercato ti voleva veramente vicinissimo al coronare il sogno agrigentino di vedere un figlio della nostra terra giocare con la maglia della nostra città. Quanto è stato vicino realmente, in questi anni, il tuo ritorno? Compatibilmente con l’evoluzione della tua carriera, sogni un giorno di calcare finalmente il parquet del PalaMoncada per difendere i colori della tua città?

Si, è vero! Tra mio nonno, io che fino a 16 anni ci sono cresciuto, mio fratello Andrea che come me ha anche fatto parte per due stagioni della prima squadra, mio papà, prima giocatore, poi allenatore e dirigente, il nome Portannese è legato alla società. La vera possibilità che ho rifiutato penso sia stata a metà stagione dell’anno 2010/2011, quando ho preferito fare la B1 nel girone Nord per mettermi in mostra e cercare l’anno dopo un contratto in qualche società di categoria superiore, e in quegli anni al sud/sicilia erano veramente poche le squadre in categoria superiore, se non nessuna.
Se le strade si dovessero incrociare sarà una cosa naturale come una storia d’amore, senza forzature, a quel punto come fai a rinuciare? chissà… davanti ho ancora tanti anni di carriera.

Per finire, come siamo sempre soliti chiudere le “chiacchierate” in questo blog, parliamo di progetti futuri: qual è il tuo sogno più grande oggi?

Bella domanda: i miei sogni li sto realizzando, gioco e vivo di basket, la mia più grande passione. Non potrei chiedere altro. Lavoro per migliorare e arrivare il più in alto possibile. Il sogno ora come ora è l’Eurolega. Mai dire mai, no?
Grazie mille per l’intervista, è stato un piacere! ci vediamo a fine campionato a San Leone!

Grazie mille Marco, per aver accettato di fare un regalo ai tuoi primi tifosi, ovvero i tuoi concittadini, facendo “quattro chiacchiere” con noi. Ti auguriamo il meglio per la tua stagione e per la tua carriera, e magari di incontrarci più in là nella postseason già quest’anno. Nella speranza, chissà, che prima o poi si realizzi il sogno di far intrecciare la tua strada con quella della nostra amata Fortitudo! In bocca al lupo e a presto!

Articolo pubblicato su malatodieffe.altervista.org

Pubblicato il: 21.03.2017

Quattro chiacchiere con gli ex… Marco Portannese

Questa settimana abbiamo il piacere di fare “quattro chiacchiere” con l’uomo del momento di tutta la LegaDue: Marco Portannese. Un figlio della nostra terra, cresciuto a “pane e pallacanestro” all’ombra della Valle dei Templi, quando la palla a spicchi ad Agrigento non aveva ancora messo le sue ferme radici, essendo sport conosciuto e seguito allora soltanto da pochi. Marco ha militato nel settore giovanile della nostra Effe, fin quando giovanissimo decide di inseguire il sogno di diventare giocatore professionista trasferendosi a Livorno, vero trampolino di lancio per entrare nel basket che conta. Di lì, esperienze di crescita importantissime e straordinarie fianco a fianco con grandissimi giocatori che hanno fatto la storia della pallacanestro italiana ed europea, nella pluriscudettata Siena, ed in seguito a Montegranaro, Virtus Siena, Torino, Capo d’Orlando, Bologna (sponda Virtus), Latina, Scafati. In questa stagione, Marco, sta facendo benissimo difendendo la maglia di Verona, con cui solo 10 giorni fa si è tolto la soddisfazione di battere la corazzata Virtus Bologna, fresca vincitrice della Coppa Italia, giocando da vero protagonista e vincendo anche il premio FIP come migliore giocatore del 24esimo turno. L’appuntamento con “quattro chiacchiere con” tornerà Martedì 28 con un’altro grandissimo protagonista della storia recente della nostra Effe!

Ciao Marco, è davvero un piacere fare “quattro chiacchiere” con te! Agrigentino di nascita, hai iniziato ad innamorarti della pallacanestro sin da piccolo, ed a soli 15 hai vinto il tuo primo campionato, in C regionale, con la Fortitudo allenata da Anselmo. Sin da giovanissimo, in seguito, sei stato letteralmente adottato dalla pallacanestro italiana, giocando e crescendo in piazze storiche come quelle di Siena, Montegranaro, Bologna (sponda Virtus), Torino e Capo d’Orlando solo per citarne alcune. Quanto è stato difficile lasciare da pressoché ragazzino la tua Agrigento per tentare il salto nel basket che conta?

Ciao #malatodieffe! Il piacere è tutto mio! Appena sento Agrigento mi si aprono mille ricordi: tutto è iniziato lì di fronte casa mia. Facevo il minibasket alle elementari di via Esseneto, e li è nato questo amore e questa devozione verso questo sport. Fillari mi ha cresciuto e Anselmo mi ha lanciato. Ho avuto la fortuna di giocare in ottime società come dici tu storiche: questo è stato un vero privilegio! E’ stato veramente difficile, non lo nego: lasciare famiglia, amici, le mie radici, casa mia, San Leone, lasciare tutto quanto… Senza sapere a cosa sarei andato incontro, e dove mi avrebbe portato questa scelta. Avrei potuto benissimo abbattermi e tornare a casa, ma le motivazioni che avevo dentro di me erano molto forti ed il basket alla fine mi ha fatto compagnia nei momenti difficili: è stato presente in tutte le mie giornate lontano da casa.

Arrivato, quindi, a Siena dalla piccolissima Agrigento, dove peraltro latitava ancora la nascita di una cultura cestistica, ti trovi quindi ad allenarti tutti i giorni con giocatori del calibro di McIntyre, Domercant, Eze e Sato, solo per citarne alcuni. Quale il compagno di squadra con cui hai giocato che ti ha impressionato di più? E quale quello al quale hai provato a “rubare” più segreti del mestiere, che ti hanno aiutato nella tua crescita?

Agrigento quando sono andato via non era assolutamente a questi livelli e nessuno, a parte il solo presidente Moncada con la sua lungimiranza, avrebbe pensato di farla arrivare dov’è ora. E’ una bella domanda che un giorno appena lo vedrò gli farò (sorride, ndr).
L’esser andato via per me è stato determinante perché da giovanissimo sono finito in uno dei migliori settori giovanili d’Italia, quale Livorno.
Non c’è un giocatore in particolare che voglio citare: ognuno mi ha lasciato qualcosa. Il rendersi utile e fare le piccole cose che non vanno nelle statistiche, come Stonerook, la forza di volontà di Kaukenas, le letture nel Pick&Roll di McIntyre: ho cercato di apprendere da ognuno di loro qualcosa.

Siena sponda Virtus, invece, è stato il tuo vero trampolino di lancio nel basket professionistico. Dopo due stagioni, un’altra ottima esperienza a Torino, prima di tornare per due anni in Sicilia indossando la canotta di Capo d’Orlando, con la quale conquisterai la promozione in Serie A al secondo tentativo (in realtà con il ripescaggio). Quali coach, in queste tue importanti esperienze, sono stati maggiormente determinanti nella tua crescita?

Devo ringraziare coach Marcello Billeri (allora alla Virtus Siena, ndr) che mi ha voluto fortemente e mi ha dato tanta fiducia, in quella che fu la stagione dove mi sono messo in mostra in un campionato duro ed ambizioso come lo era la vecchia B1. Poi sicuramente Pozzecco, che ha creduto in me e mi ha fatto giocare praticamente sempre in uno squadrone creato per un campionato di vertice in A2 (a Capo d’Orlando, ndr), arrivando fino alla finale di promozione. Ma ci sono tanti allenatori che mi hanno dato molto, ora non sto ad elencarli tutti: loro lo sanno e questo mi basta.

Dopo le buone stagioni a Capo, una breve esperienza in serie A alla Virtus Bologna, per poi ritornare in Legadue con la canotta di Latina. La passata stagione, invece, un’annata a dir poco strepitosa a Scafati, dove sei stato MVP della Coppa Italia di categoria, peraltro vinta, e semifinalista uscente contro Brescia, che poi sarà promossa in serie A. Quest’anno, invece, stai facendo benissimo nella tua stagione a Verona, e sei reduce da una sontuosa prestazione nella vittoria contro la favorita assoluta alla promozione, ovvero la Virtus Bologna. Come ti trovi a Verona? Quali sono i vostri obiettivi per quest’anno?

Con Verona si è creato un feeling particolare: spesso ho fatto delle belle partite contro di loro, fino a quanto questa estate ho sentito (non so se sia vero) che il presidente Pedrollo, ha detto “basta! Portannese deve venire da noi quest’anno”. Sono contento adesso. Eravamo partiti male ed abbiamo avuto qualche problema, ma ora ci siamo ripresi e stiamo ottenendo ottimi risultati: stiamo lottando per entrare nei play off e lì può capitare di tutto! E I tifosi agrigentini ne sanno qualcosa!

Proprio con Scafati, nella passata stagione, sei tornato ad Agrigento da avversario. Che emozioni hai provato affrontando la squadra della tua città?

Mi è già capitato più volte di giocare contro la mia città: è una strana sensazione perché al palazzetto ci sono tante persone che mi hanno visto crescere e che mi conoscono come Marco il ragazzino, non il giocatore! Un po’ di emozione c’è sempre ed anche la voglia di far bene.

Quest’anno sei tornato ad Agrigento da spettatore, assistendo alla partita tra la Fortitudo e la Viola. Che idea ti sei fatto da lontano del roster agrigentino? Saresti contento di un ipotetico accoppiamento, più avanti (e un po’ sognando) ai PlayOff?

La Fortitudo mi piace molto per come gioca, soprattutto grazie al coach, ed il gruppo dei ragazzi che si conoscono da vari anni: e questo fa la differenza. Dico sempre scherzando che se giocassi con Piazzino sarei il capocannoniere del campionato :)))
Ho pensato che potremmo ritrovarci in qualche turno play-off: sarebbe bello e non facile, ma tutte le partite sono cosi. Una volta che si arriva lì…

Il nome della famiglia Portannese è strettamente legato alla storia della pallacanestro agrigentina. Tuo nonno fu presidente della Fortitudo. Tuo fratello Andrea faceva parte del roster che ha sfiorato la serie A due stagioni fa. Il nome di Marco Portannese ogni estate, quindi, viene accostato sempre a quello della società agrigentina, sicuramente per stima, affetto e grande suggestione. In un’annata in particolare, prima di firmare per Latina, radiomercato ti voleva veramente vicinissimo al coronare il sogno agrigentino di vedere un figlio della nostra terra giocare con la maglia della nostra città. Quanto è stato vicino realmente, in questi anni, il tuo ritorno? Compatibilmente con l’evoluzione della tua carriera, sogni un giorno di calcare finalmente il parquet del PalaMoncada per difendere i colori della tua città?

Si, è vero! Tra mio nonno, io che fino a 16 anni ci sono cresciuto, mio fratello Andrea che come me ha anche fatto parte per due stagioni della prima squadra, mio papà, prima giocatore, poi allenatore e dirigente, il nome Portannese è legato alla società. La vera possibilità che ho rifiutato penso sia stata a metà stagione dell’anno 2010/2011, quando ho preferito fare la B1 nel girone Nord per mettermi in mostra e cercare l’anno dopo un contratto in qualche società di categoria superiore, e in quegli anni al sud/sicilia erano veramente poche le squadre in categoria superiore, se non nessuna.
Se le strade si dovessero incrociare sarà una cosa naturale come una storia d’amore, senza forzature, a quel punto come fai a rinuciare? chissà… davanti ho ancora tanti anni di carriera.

Per finire, come siamo sempre soliti chiudere le “chiacchierate” in questo blog, parliamo di progetti futuri: qual è il tuo sogno più grande oggi?

Bella domanda: i miei sogni li sto realizzando, gioco e vivo di basket, la mia più grande passione. Non potrei chiedere altro. Lavoro per migliorare e arrivare il più in alto possibile. Il sogno ora come ora è l’Eurolega. Mai dire mai, no?
Grazie mille per l’intervista, è stato un piacere! ci vediamo a fine campionato a San Leone!

Grazie mille Marco, per aver accettato di fare un regalo ai tuoi primi tifosi, ovvero i tuoi concittadini, facendo “quattro chiacchiere” con noi. Ti auguriamo il meglio per la tua stagione e per la tua carriera, e magari di incontrarci più in là nella postseason già quest’anno. Nella speranza, chissà, che prima o poi si realizzi il sogno di far intrecciare la tua strada con quella della nostra amata Fortitudo! In bocca al lupo e a presto!

Articolo pubblicato su malatodieffe.altervista.org